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Zero margini di sicurezza. Si potrebbe spiegare così l’ondata di difetti e di richiami che interessano questo o quel componente, senza risparmiare nessuna marca. L’evoluzione tecnica, dettata dalle legislazioni e dalle pressioni sui costi e sui tempi di sviluppo, fa sì che ogni pezzo sia progettato senza gli ampi margini di sicurezza di un tempo, quando gli ingegneri applicavano “coefficienti di ignoranza” ai loro calcoli. Per esempio, se per un particolare bastava un diametro di 10mm, si decideva di realizzarlo di 11, mettendo nel conto il rischio di scostamenti dalle condizioni di lavoro stimate in sede di progetto.
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Oggi non è più così, col risultato che ogni variazione nel materiale, nelle lavorazioni o nell’assemblaggio, sempre possibile a dispetto della gestione computerizzata, comporta il rischio di cedimenti a medio termine. Basta scorrere l’elenco dei richiami che vengono pubblicati ogni mese dal mensile Quattroruote per rendersi conto che il problema riguarda anche le parti apparentemente senza segreti, fondamentali per la sicurezza (come gli elementi delle sospensioni e dello sterzo) e che parrebbe impossibile sbagliare, dopo un secolo di storia dell’automobile. Figuriamoci, quindi, che cosa può accadere a insiemi sofisticati come i cambi automatici, che richiedono la massima precisione e l’integrazione fra meccanica, idraulica ed elettronica.
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NESSUNO E’ IMMUNE
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Non c’è marca e tipo di trasmissione che risulti immune: si sono verificati problemi ai manuali robotizzati (che equipaggiano, tra le altre, diverse Citroen, Fiat, Lancia, Peugeot e Toyota) come ai convenzionali epicicloidali di alcuni modelli della Chevrolet e Mercedes. E si è rivelato difettoso pure un certo numero di trasmissioni a doppia frizione a sette marce del gruppo Volkswagen, come i Cvt di Audi, Mercedes e Nissan.
Le cause sono diverse, con una conseguenza comune: conti salati per la riparazione e la sostituzione di trasmissioni che dovrebbero durare quanto la vettura (si considerano 250.000 km come valore di riferimento). Le tabelle qui pubblicate, basate sulle informazioni contenute nelle banche dati di Quattroruote Professional, rendono l’idea delle cifre in gioco: non è raro che il conto finisca per superare il valore commerciale di una vettura con alcuni anni di vita. Anche senza considerare la spesa per la manodopera.
L’evoluzione tecnologica ha reso sempre più costosi gli automatici, tanto che si arriva al paradosso che il tre marce interamente revisionato per una Rolls-Royce anni ’70-’80 si trova a 1400 euro: quasi la metà di quanto si paga il ricambio più a buon mercato di un’utilitaria di recente concezione.
I motivi di tanti difetti vanno ricercati nei delicati equilibri tipici della progettazione moderna, dov’è previsto che tutto lavori al limite delle possibilità. Così, la trasmissione automatica può andare in crisi per colpa dello scorretto funzionamento di altri gruppi. Per esempio, eventuali anomalie nella gestione del motore affaticano il cambio oltre il limite di progetto. Oppure, come pare avvenire in alcuni Dsg a sette marce, può capitare che la rumorosità e le irregolarità di funzionamentosiano provocate dal volano bimassa.
Con i robotizzati, invece, le discussioni tra i clienti e la rete di assistenza riguardano spesso la modesta durata del disco frizione, che le Case considerano come materiale soggetto a normale usura (rifiutandosi così di sostituirlo in garanzia, ndr). Un approccio giustamente non accettato dagli automobilisti, dal momento che, mancando il pedale, non si possono incolpare i guidatori per gli eccessivi slittamenti della frizione, che è gestita dalla centralina elettronica programmata in fabbrica.
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CONSUMATORI SENZA DIFESE
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